La Chiesa di San Pietro o della Riforma rappresenta uno degli edifici religiosi più importanti di Rovito e della Presila cosentina, anche dal punto di vista storico per le alterne vicende a cui è collegata.
La struttura è imponente e molto sobria: all’esterno non compare alcun fregio o decorazione, ma solo una croce semplice posta nell’ampia finestra al centro della facciata.
La cornice del massiccio portale è tutta in pietra lavorata e risale alla prima metà del Seicento, precisamente al 1634, allorché la Chiesa della Riforma, fino ad allora intitolata a San Pietro, venne concessa ai Frati Riformati Francescani che si stabilirono nell’attiguo convento appena eretto e che fu per secoli una sola cosa con essa. All’interno della Chiesa a due navate (di cui quella laterale è successiva) si possono ammirare innumerevoli decorazioni, lavori di scultura ed intaglio, sia in legno che in pietra, prodotti dagli artigiani locali tra il ‘700 e l’‘800: in gran parte sono statue raffiguranti santi, di cui non sempre si conoscono gli autori.
L'abside conserva un altare maggiore del 700, con fastigio ligneo di periodo barocco, un crocifisso ligneo e arredi d'argento del XVII secolo. II portale è del 1634. Assai interessanti sono due tele del Santanna, probabilmente il pittore calabrese più noto dopo Mattia Preti, aventi come soggetto San Francesco d’Assisi e San Michele Arcangelo. All’interno delle cappelle sono presenti anche i lavori di anonimi pittori locali dello stesso periodo. Il soffitto è in legno, decorato dal Reda nel 1746, così come sono in legno la cantoria e l’altare maggiore.
Assolutamente da ammirare il chiostro interno dell’antico convento che oggi ospita, impropriamente, dopo essere stato completamente restaurato in 20 anni di lavoro.
L’ingresso è aperto a tutti. Nei corridoi si possono ammirare diversi affreschi e decorazioni.
Assolutamente da non perdere, tra gli altri, l’affresco dell’Ultima Cena realizzato da Fra Antonio Rendoa da Lappano nel 1656. A proposito della Chiesa della Riforma, si racconta che il primo novembre del 1591, sullo spiazzo antistante la stessa, una ragazza di Altilia, tal Medea De Napoli, accompagnata dai genitori, fu esorcizzata dal sacerdote Paolo Costantino che, dopo aver chiesto al diavolo che nome avesse e se volesse uscire dal corpo della giovane, lo esorcizzò con apposite preghiere. Dopo un po' lo spirito maligno rispose, dicendo di chiamarsi Gasparrus e abbandonò il corpo della ragazzina che, sana e liberata dal demonio, tornò subito a casa. C’è un altro episodio che riguarda la chiesa della Riforma accaduto agli inizi del XX secolo, quando ancora i frati erano presenti presso il Convento. Era consuetudine che il 13 dicembre di ogni anno uscivano in processione dalla chiesa le statue di Santa Lucia e dell’Immacolata, una dietro l’altra. Vedendole passare, due donne, mamma e figlia, che erano al servizio della famiglia Arnone, affacciatesi dalla scalinata della chiesa di Santa Barbara, si misero a canzonare la piccola statua dell’Immacolata, esclamando: “me…me Prussiella”. Durante la notte la loro casa andò a fuoco e fu ridotta in cenere e le due donne morirono nel rogo. Da allora nessuno ha mai più osato offendere “a’ Maculatella d’a Riforma”.
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