Un’altra famiglia che merita di essere ricordata è quella degli Arnone, di origine fiorentina. Bartolo Arnone (1554) fu Regio Questore di Cosenza; intraprese agli inizi del XVI secolo la costruzione a Cosenza di grandi palazzi, compreso il prestigioso palazzo di famiglia sul colle Triglio (uno dei sette colli di Cosenza) che, però, non riuscì a vedere mai completato.
Proseguì i lavori suo fratello Ascanio, come è ricordato dall'epigrafe che si può ammirare nello scalone d'accesso al piano nobile.
Il palazzo, successivamente, fu venduto allo Stato e destinato a sede dei presidi di Calabria Citeriore e del Grande Archivio di Giustizia; in seguito divenne sede della Regia Udienza, dei Tribunali e delle prigioni giudiziarie.
Il manufatto fu venduto 8.000 ducati, di cui 1000 versati in contanti e subito all’atto della stipula del contratto. Altri 1000 dovevano andare al castellano che accudiva ai carcerati dei casali.
La restante somma doveva essere estinta in sei anni con il versamento di 1000 ducati all’anno. L’Arnone, però, percepì pochi ducati perché, accusato ingiustamente di “falso monetario”, fu condannato all’esilio e gli furono confiscati il credito e tutti i beni posseduti.
Dopo la sua costruzione il palazzo rischiò quasi la distruzione per ben due volte, la prima nel 1734 a causa di un tumulto popolare, e la seconda nel 1747, a causa di una rivolta delle donne che erano detenute al suo interno.
Altri gravi danni furono causati dal terremoto nel 1854 che causò il crollo dell’ultimo piano. Dopo aver ospitato negli anni successivi il carcere, e dopo un periodo di totale abbandono, la struttura fu ristrutturata e destinata a sede della Galleria Nazionale.