La mia infanzia: giornate interminabili trascorse nella ruga dei “Caldarotti” a Motta, ascoltando sempre le solite storie e i soliti aneddoti e giocando con il pallone nel “Suppuortu dei Facenna” che ricopre, ancora oggi, una stradina quasi ad angolo retto.
Dopo pochi anni che mi esercitavo ero diventato così bravo, a calcio, da riuscire, con un solo tiro a far passare la palla da una parte all’altra del suppuortu (roba da Maradona, neanche Pelé sarebbe stato capace di tanto).
In quella strada, seduti sul cemento dei gradini di accesso alle case, uomini e donne raccontavano il loro passato e soprattutto ricordavano le gesta delle persone della “ruga” che erano passate a miglior vita (le strade a Motta si chiamavano rughe, dal francese rue, come Facenna che in dialetto corso significa: uomini che vivevano in alto).
Durante gli estenuanti racconti delle “Genti dei Caldarotti” erano vietate domande inopportune ed era specialmente proibito citare alcuni termini: preti, comunisti, democratici, Arnedos, Caldarotti e Cereasi.
Da bambino curioso mi sono sempre chiesto il perché di tanta litigiosità dopo il pronunciamento di quelle parole, cosa potevano rappresentare quei semplici lemmi per quella gente? Con il tempo ho compreso il significato di gran parte di quelle parole, solo una però mi è sempre rimasta sconosciuta. Cosa poteva ricordare ai rovitesi di così discordante quella parola?