Aveva ottant’anni e più che un artigiano era un vero e proprio artista che, da quarant’anni, si era dedicato alla creazione di pipe artigianali di pregio, veri e propri gioielli che ben presto si imposero, in Italia e all’estero, all’attenzione degli amanti di questi capolavori creati totalmente a mano per fumare il tabacco.
Ora, Dante (Dantino, per gli amici) Lavoratore non c’è più.
E’ andato via all’improvviso qualche mese fa lasciando senza parole quanti, rovitesi e non, gli volevano bene e lo ammiravano per la sua voglia di vivere, creare e lavorare.
Egli rappresentava e rappresenta ancora un vero e proprio punto d’orgoglio per l’intera comunità, un’eccellenza di cui vantarsi e da mostrare al mondo intero.
Le sue bellissime pipe sono state apprezzate ovunque. Tra i suoi clienti più affezionati si annoverano, solo per citarne alcuni, l’ex Presidente della Repubblica Sandro Pertini, il sindacalista Luciano Lama, l’ex Presidente del Senato Franco Marini, il parlamentare Vittorio Sgarbi e il Commissario tecnico della Nazionale di calcio Enzo Bearzot.
La passione per la pipa gli fu trasmessa dal nonno che la fumò per tutta la vita, ma non ebbe mai maestri.
Fu autodidatta e tutto quello che sapeva sulle pipe lo aveva appreso dai libri. Costruirne una dal nulla non è semplice, ma come in tutte le cose, se ci metti passione e dedizione, puoi raggiungere risultati eccellenti anche in questo campo.
E Dante c’è riuscito. Da giovane andava nei boschi per cercare la migliore radica di Erica arborea, quella che si trova tra i dirupi e le montagne più alte.
Tagliava e lavorava i ciocchi, li sentiva prendere vita tra le sue mani, ne toccava le venature e i nodi. Poi li metteva a bollire per 12-18 ore in una pentola di rame per eliminare il tannino e li faceva stagionare in un luogo asciutto, senza luce, per almeno 24-36 mesi.
Una volta ben stagionato, disegnava sul ciocco un abbozzo con la matita e cominciava a modellare la pipa attraverso un lavoro duro e meticoloso che richiedeva circa 200 passaggi. Attraverso la svasatura torniva il pezzo per creare il foro del fornello e la forma esterna del vaso fino all’altezza della canna. Con ulteriori lavorazioni creava la canna e la parte inferiore del fornello. Passaggi delicatissimi erano il montaggio del bocchino e la levigatura della superficie esterna, ripetuta più volte per rendere la superficie perfettamente liscia.
Poi si passava alla colorazione, alla ceratura e alla verniciatura che devono far traspirare il legno per rendere la fumata piacevole. Solo dopo diversi anni di lavoro si riescono a realizzare pezzi unici di qualità, che rispecchiano il gusto di morbidezza, sinuosità, fumabilità e cura dei particolari di quella che diventerà una vera e propria opera d’arte, unica nel suo genere. Agli inizi degli anni Ottanta aprì la sua bottega e delle sue pipe si cominciò a parlare dappertutto, soprattutto tra i maniaci e i grandi intenditori della pipa che sull’argomento possono scriverti un trattato.
Erano pipe veramente speciali e venivano richieste in tutto il mondo. Molti negozi le richiedevano per rivenderle. Ci fu una ditta di Torino che corteggiò Dante per diverso tempo nel tentativo di convincerlo di poterle inserire nel proprio catalogo. Per chiudere l’accordo commerciale mancava solo un dettaglio: cambiare l’etichetta da “made in Calabria” a “made in Italy”, ma Dante rifiutò, “perché le sue pipe erano calabresi e lo si doveva sapere”.
Nel corso degli anni qualcuno andò presso la sua bottega per imparare il mestiere, ma ben presto si perse d’animo e dovette abbandonare. Troppo lavoro, troppa pazienza! E così l’arte di Dante se ne è andata per sempre, insieme a lui. Peccato! Gli amanti della pipa ricorderanno per sempre che a Rovito c’è stato un signore con la barba, con gli occhi incorniciati da piccole rughe che sorridevano e riempivano il cuore, che da autodidatta aveva imparato a realizzare “pipe gioiello” ricercate in tutto il mondo.