A Motta, come in altri centri del sud Italia, la tradizione dei “tubbarini militari” si è sviluppata non solo per accompagnare le immagini lignee dei nostri Santi in giro per i paesi, ma anche per divulgare informazioni locali.
Nei secoli scorsi, senza gli attuali mezzi informatici, i signorotti locali, per comunicare ai loro concittadini quello che accadeva nei loro piccoli “regni”, utilizzavano gli uomini che lanciavano “u bannu” (il banditore - uomo dalla voce chiara, dura e concisa) accompagnato dai “tamburi militari”.
Notoriamente il gruppo banditore era composto da un responsabile (persona in grado anche di leggere e scrivere e nominato dal signorotto), da due o quattro tamburi e da una grancassa.
Proporzionalmente aumentando il numero dei tamburi era necessario aumentare anche il numero delle grancasse. L’attività di “tubbarinaru” veniva tramandata all’interno del nucleo familiare e veniva esercitata solo da soggetti che avevano dimostrato fedeltà negli anni al proprio paese.
I “tubbarinari” erano considerati parte integrante dei piccoli eserciti locali. Inoltre, era orgoglio di famiglia avere un componente nel gruppo dei musici (i tubbarinari erano considerati e pagati come tali).
Ogni ruga aveva il suo musicante, ma quelli più capaci erano quelli della ruga di San Rocco.
Agli uomini che ci rallegravano il cuore le mattine dei giorni di festa!