Durante il periodo invernale, tra ottobre e febbraio, alla porta di ingresso “du trappito e Salvature” era sempre leggibile (su foglio bianco e con una scrittura delicata), la seguente comunicazione: Il frantoio è utilizzabile:
- Novembre e dicembre solo per il proprietario del frantoio;
- Gennaio per i Notabili del paese;;
- Febbraio per tutti gli altri cittadini, tranne nei giorni in cui l’asino è malato.
(Salvature non era capace né di leggere né di scrivere)
Tradotto in parole povere la comunicazione avvertiva gli avventori che: prima si produce l’olio del padrone, poi quello degli amici del padrone e di seguito quello dei compassionevoli.
Dalle olive raccolte a ottobre/novembre si ottiene meno olio, ma il prodotto è più pregiato, mentre a febbraio la resa delle olive è maggiore, ma è notevolmente inferiore la qualità del prodotto. A riguardo dell’asino: l’animale, per l’intensa attività lavorativa, si ammalava spesso durante il periodo della produzione dell’olio.
Tuttavia, se la malattia capitava tra ottobre e gennaio l’animale era sostituito con quattro giovani mottesi che facevano la parte dell’asino, mentre se la malattia dell’asino sopraggiungeva a febbraio la produzione si fermava, perché né Salvature, né i proprietari delle olive volevano rinunciare ad una quota parte dell’olio per pagare gli uomini necessari a far girare le ruote.
Il frantoio gestito da Salvature era di tipo ipogeo (situato sottoterra) ed era costituito da un’ampia vasca in pietra ove giravano due ruote in granito. La costruzione situata in Piazza San Nicola a Motta aveva il piano superiore scollegato dall’oleificio.
L’ingresso al piano superiore poteva avvenire solo attraverso una bellissima scala esterna realizzata in pietra locale.
Il frantoio di Motta è stato demolito completamente, dopo un lungo periodo di degrado e abbandono, nel 1974. I politici mottesi senza visione avevano definitivamente distrutto un altro pezzo della loro storia, mentre i giovani mottesi avevano perso un altro luogo dove ritrovarsi di notte per assaggiare il pane caldo con l’olio appena uscito “du parmientu” e il dolce vino di Ricuzzu.